Fathi Hassan nasce a Il Cairo il 10 maggio 1957, da una famiglia egiziana e sudanese. È uno degli artisti africani più famosi in Europa, primo artista africano alla biennale di Venezia.
Nel 1978 si trasferisce in Iraq, dove lavora al Ministero dello Spettacolo. Elabora quadri animati nello stadio nazionale di Baghdad con Kazim Haidar, uno dei più importanti pittori iracheni dell’avanguardia del dopoguerra. Nel 1979 grazie ad una borsa di studio conseguita presso l’Istituto di Cultura Italiana del Cairo Fathi Hassan si trasferisce in Italia, per frequentare l’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Nello stesso periodo l’artista frequenta la Galleria di Lucio Amelio, dove conosce gli artisti James Brown, Joseph Beuys, Mimmo Paladino, Nino Longobardi, Mattel Torp e Richard Long. Durante gli studi entra in contatto con il gruppo teatrale “Falso Movimento”, maturando un’esperienza di attore e collaboratore nello spettacolo teatrale “Otello”. Negli stessi anni, ha conosciuto alcuni intellettuali partenopei, tra cui Lucio Amelio, Filiberto Menna e Mario Martone, divenuti ben presto amici e sostenitori della sua arte.
Nel 1988 il critico d’arte Achille Bonito Oliva lo segnala alla XXIII Biennale di Venezia, dove partecipa nella sezione “Spazio Aperto 1988”, decretando il suo successo. Fathi Hassan diventa il primo artista di origine africana presente alla Biennale di Venezia, inaugurando così una nuova epoca per tutta l’arte africana. Lo Smithsonian Institute di Washington D.C. lo inserisce fra gli artisti di “Textures, word and symbol in Contemporary African Art”. Il Metropolitan Museum of Art di New York City lo cataloga nella “Youth Generation”.
Nei suoi disegni, dipinti, sculture e installazioni, Hassan sperimenta sia la parola scritta che quella parlata, esplorando il tema degli antichi linguaggi cancellati dai domini coloniali. Gioca con i simboli, anche inventati e di ispirazione cufica, con le texture e la calligrafia della sua eredità nubiana per esplorare il rapporto tra il simbolismo grafico e il significato letterale.